Analisi della casistica giurisprudenziale e della prassi dell’Arbitro bancario finanziario in tema di nullità degli addebiti bancari
Il presente elaborato intende porre l’attenzione su talune casistiche vagliate negli ultimi anni dalla prevalente giurisprudenza dell’autorità giudiziaria e dell’Arbitro Bancario Finanziario, in cui è stato appurato che talvolta le commissioni addebitate dagli istituti di credito -nell’ambito di rapporti bancari di “fido”, “extrafido” ed “ultrafido”- in realtà non erano dovute.
A tale scopo, si illustrerà innanzitutto le caratteristiche e le differenze tra i tre rapporti bancari sopra citati, dopodiché si individuerà la normativa settoriale attualmente vigente e ci si soffermerà, infine, sulla giurisprudenza pronunciatasi sul tema negli ultimi anni.
In ultimo, si spiegherà come procedere per ottenere il rimborso delle commissioni non dovute.
A) Fido, extrafido ed ultrafido
1) Specialmente quando si gestisce un’attività imprenditoriale è assai comune concordare una linea di credito continuativa con la propria banca, così da far fronte ad eventuali crisi di liquidità.
In tal caso, si stipula con l’intermediario un contratto denominato “apertura di credito” (il c.d. “fido”), con il quale una banca mette a disposizione del proprio cliente una data somma di denaro per un definito periodo di tempo. Il cliente, però, non è obbligato ad utilizzare tutta la somma messa a sua disposizione e al termine del contratto -salvo eventi che potrebbero indurre l’istituto creditizio a recedere il contratto anzi tempo (ad esempio la sopravvenuta insolvenza del cliente)- le parti potranno valutare se rinnovare o meno il fido.
Quale corrispettivo per aver messo a sua disposizione la menzionata linea di credito, il cliente eroga alla banca degli importi a titolo di interessi, al tasso contrattualmente pattuito, oltre ovviamente a restituire il capitale prestato.
Inoltre, poiché l’ente creditizio deve svolgere una serie di prestazioni volte a mettere a disposizione del cliente una data somma di denaro per un periodo definito, esso ha altresì diritto al rimborso dei costi legati a queste attività, che sono denominati “commissioni”.
2) Se il cliente utilizza un importo maggiore di quello messo a sua disposizione, e la banca acconsente ad erogargli ulteriore credito, si parla in tale ipotesi di “extrafido”, ovvero di una linea di credito che non trova regolamentazione nel contratto precedentemente stipulato. Anche in questo caso, la banca ha diritto ad ottenere la ripetizione del capitale più gli interessi, oltre eventualmente ad una commissione bancaria, qualora prima di concedere il suddetto sconfinamento abbia ritenuto di effettuare un’istruttoria sul merito creditizio del cliente.
3) Un’ulteriore e differente ipotesi si verifica allorquando non è stato stipulato alcun contratto di apertura di credito, ma la banca ha comunque acconsentito a “coprire” gli scoperti di conto del proprio cliente, addebitandogli i relativi interessi e le correlate commissioni (in quest’ultimo caso si parla di “ultrafido”). Anche in quest’ultimo caso, l’istituto di credito avrà diritto di ottenere la restituzione del capitale prestato, nonché gli interessi ed una commissione per l’attività istruttoria espletata.
B) La disciplina normativa applicabile
In ciascuna delle tre ipotesi sopra illustrate (fido, extrafido, ultrafido) -poiché era frequente che un istituto di credito addebitasse ai propri clienti commissioni di vario tipo, senza che fosse possibile comprendere a quale titolo fossero imputati i suddetti costi- a partire dall’art. 2 bis del d.l. n. 185 del 29 novembre 2008, convertito con L. 28.01.2009, la tematica dell’addebito di commissioni bancarie è stata finalmente regolamentata mediante specifiche disposizioni normative.
Da allora, anzi, sono seguite molteplici modifiche alla citata disciplina, dapprima attraverso il d.l. 06.12.2011, n. 201, convertito dalla L. 22.12.2011, n. 214, dopodiché mediante l’entrata in vigore dell’art. 117-bis T.U.B., a sua volta soggetto a revisione in ultimo con il d.l. 24.03.2012, n. 29, convertito con L. 18.05.2012, n. 62.
Andando con ordine, l’art. 2-bis, comma 1, del D.L 29 novembre 2008, n. 185, legittimava soltanto tre differenti tipi di commissioni:
1) la commissione di massimo scoperto c.d. C.M.S. (applicabile soltanto in presenza di affidamento e per scoperti continuativi non inferiori a trenta giorni e che doveva essere calcolata sul picco del credito effettivamente utilizzato dal cliente);
2) la commissione per il servizio di messa a disposizione di somme di denaro c.d. C.D.F. (ossia una sorta di provvigione d’affidamento, che rappresentava il corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme, indipendentemente dall’utilizzo delle somme stesse);
3) le commissioni che remuneravano la banca in conseguenza dell’effettivo prelevamento delle somme e dell’effettiva durata dell’utilizzo dei fondi (c.d. D.I.F.).
Eventuali altre commissioni, comunque denominate, dovevano reputarsi nulle e quanto già corrisposto doveva essere restituito al cliente.
In seguito, la Legge n. 214/2011 introduceva l’art. 117-bis (“remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti”) nel testo unico bancario (entrato in vigore il 28.12.2011), la cui iniziale versione disponeva al comma 1°: “I contratti di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione onnicomprensiva, calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento, e un tasso di interesse debitore sulle somme prelevate. L’ammontare della commissione non può superare lo 0,5 per cento, per trimestre, della somma messa a disposizione del cliente” e al comma 2°: “A fronte di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido, i contratti di conto corrente e di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione di istruttoria veloce determinata in misura fissa, espressa in valore assoluto, commisurata ai costi e un tasso di interesse debitore sull’ammontare dello sconfinamento”. In entrambi i casi, peraltro, veniva confermata la nullità di clausole difformi (comma 3°), demandandosi al CICR l’adozione di disposizioni applicative.
Tale disposizione è entrata formalmente in vigore il 28.12.2011, ma la sua compiuta andata a regime è avvenuta solo con la L. 27/2012, che, in sede di conversione del D.L. 1/2012, ha interamente sostituito la precedente disciplina ed ha previsto altresì -per l’entrata in vigore della complessiva disciplina data dall’art. 117-bis T.U.B. e dalla Delibera CICR di cui al comma 4 del medesimo art. 117-bis T.U.B.- il termine ultimo del 1° luglio 2012, introducendo un termine di adeguamento per i contratti in essere, pari a tre mesi dalla data di efficacia della Delibera medesima. Quest’ultima delibera è stata poi adottata (D.M. 644 del 30 giugno 2012) con efficacia dal 1° luglio 2012 e, dunque, tutti contratti in corso dovevano essere adeguati entro il 1° ottobre 2012.
In definitiva, con l’introduzione dell’art. 117 T.U.B. e delle successive modifiche è ora consentito l’addebito soltanto di due differenti tipi di commissioni:
1) la commissione di affidamento, la quale opera soltanto in relazione ai “fidi”, deve reputarsi onnicomprensiva di tutti gli oneri a carico del cliente e deve essere calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento, restando inteso che non può superare lo 0,5% per trimestre della somma messa a disposizione del cliente;
2) la commissione di istruttoria veloce (c.d. C.I.V.), che invece opera in riferimento alle ipotesi di “ultrafido” ed “extrafido”, in quanto viene addebitata in misura fissa ed espressa in valore assoluto al registrarsi di uno sconfinamento su rapporti non affidati, ovvero su rapporti affidati in cui si verifichi il superamento del fido concesso. Peraltro, in forza dell’art. 4, comma 6, della delibera CICR anzi detta, la CIV non è dovuta nei rapporti intercorrenti con i consumatori, laddove lo sconfinamento perduri per un tempo inferiore a sette giorni consecutivi e, contestualmente, non sia ecceduto il limite di euro cinquecento (anche se determinato da una pluralità di addebiti) rispetto ai fondi a disposizione del cliente; ne è dovuta quando lo sconfinamento ha avuto luogo per effettuare un pagamento a favore dell’intermediario.
C) I casi più frequenti di illegittimità dell’addebito di commissioni bancarie su fidi, extrafidi ed ultrafidi
1) Commissioni addebitate senza pattuizione scritta in violazione dell’art. 117, comma 4, T.U.B.
In riferimento alla commissione di massimo scoperto, la quale è disciplinata dall’art. 2-bis, comma 1, del D.L 29 novembre 2008, n. 185, la giurisprudenza ha rilevato che essa è valida soltanto se pattuita per iscritto e calcolata come provvigione sul credito accordato, mentre risulta nulla se calcolata sul credito accordato al netto dell’utilizzato, ovvero come commissione determinata sull’ammontare massimo dell’utilizzato nel periodo individuato in contratto, oppure sulla misura massima dello sconfinamento. Infatti, per ogni competenza che si aggiunga al corrispettivo del prestito, per sua natura a titolo oneroso, è richiesta la forma scritta a pena di nullità ex art. 117, comma 4, del testo unico bancario (v. Tribunale Lecce sez. II, 05/05/2020, n. 1107; Tribunale Oristano, 11/05/2020, n. 201). Peraltro, alle medesime conclusioni si giunge allorquando la commissione bancaria sia stata effettivamente oggetto di una pattuizione scritta che, però, non disciplinava l’entità ed i meccanismi applicativi della stessa (v. ABF Bologna 1147/2020).
Nel dettaglio, per quanto interessa la commissione di massimo scoperto, essa per essere legittima deve essere disciplinata in apposita clausola nella quale venga specificato in modo chiaro il tasso, la base di calcolo, il criterio e la periodicità dell’addebito, poiché altrimenti la mancanza di tali requisiti determina l’inesistenza dell’accordo tra il cliente e la banca e gli addebiti annotati in conto a tale titolo dovranno reputarsi illegittimi (cfr. ex multis da ultimo cfr. Trib. Milano, Sez. VI, 03.10.2018, n. 9694, Trib. Firenze, Sez. III, 26.11.2018, n. 3202, Trib. Bari, Sez. IV, 07.01.2019, n. 41, Trib. Termini Imerese, 22.01.2019, n. 75, Corte di Appello di Reggio Calabria, Sez. I, 29.01.2019, n. 74)
2) Nullità delle commissioni addebitate tramite variazioni peggiorative inoltrate al cliente in modo non conforme alla normativa ex art. 118, comma 2, T.U.B.
In caso di variazioni peggiorative nell’ambito di un contratto bancario, è obbligo della banca -a norma dell’art. 118, comma 2, T.U.B.- inoltrare una comunicazione al proprio cliente, concedendogli un termine per recedere dal contratto. Sarà poi onere della banca stessa dimostrare la corretta trasmissione al cliente delle comunicazioni dalle quali scaturiscono modifiche delle condizioni contrattuali, dovendosi precisare che trattandosi di comunicazioni recettizie all’intermediario incombe l’onere di provare non solo l’invio ma anche l’avvenuta ricezione della comunicazione in questione (cfr., tra le altre, ABF Torino n. 894/2020; ABF Milano n. 2670/18; ABF Coll. Coord. 535/2015). La giurisprudenza dei Collegi dell’Arbitro Bancario Finanziario ha inoltre chiarito in più occasioni che la comunicazione con cui l’intermediario intenda proporre la modifica unilaterale di condizioni contrattuali deve fare puntuale riferimento al suo contenuto e, pertanto, si è ritenuto che una comunicazione messa a disposizione del ricorrente a titolo di “Documento di sintesi” non possa integrare i requisiti richiesti dall’art. 118 TUB, con conseguente inefficacia della proposta modifica (v. ABF Palermo n. 2259/2020; ABF Roma, n. 8826/16; ABF Milano n. 24209/18).
3) Nullità della commissione di istruttoria veloce in assenza di prova dell’attività istruttoria svolta dall’intermediario ex art. 117 bis, comma 2, T.U.B.
L’art. 117 bis, comma 2 del TUB e l’art. 4, comma 2 del decreto CICR n. 644 del 2012 indicano chiaramente che la commissione di istruttoria veloce (c.d. CIV) può essere legittimamente applicata solo a fronte dello svolgimento da parte dell’intermediario di un’effettiva attività istruttoria, ai cui costi la quantificazione della CIV deve peraltro essere proporzionata. L’onere della prova di aver svolto la suddetta istruttoria veloce è a carico dell’intermediario ed esso risulta particolarmente gravoso qualora la CIV sia stata applicata dall’intermediario più volte in un ristretto arco di tempo. In tal caso, infatti, si dovrà presumere che tale ampia applicazione della CIV sia il frutto di un automatismo procedurale (v. ABF Milano n. 9682/2017 che ha riconosciuto il diritto del Cliente al rimborso della somma corrisposta a titolo di CIV pari ad € 13.147,96; in senso conforme ABF Bologna 1122/2020; ABF Bologna n. 1147/2020; ABF Bologna n. 14428/19; ABF Bologna n. 24149/19). Ancor più nel dettaglio, si osservi che l’intermediario è tenuto a fornire la prova per ciascuno degli sconfinamenti concessi, quantomeno allegando il documento relativo alle “procedure definite ai sensi del comma 4, lettera a)” dell’art. 4 Delibera C.I.C.R. n. 644 del 30 giugno 2012 (ABF Torino 894/2020). La CIV, in definitiva, diviene legittimamente praticabile solo se l’intermediario dimostra: a) l’effettivo svolgimento di un’istruttoria in caso di sconfino; b) l’effettivo sostenimento di un costo; c) la coerenza dell’ammontare della commissione al costo sostenuto” (ABF Milano n. 24563/2019; ABF Milano n. 4971/2015).
4) Nullità delle commissioni “duplicato” della C.M.S. e della successiva commissione di affidamento
Il principio di onnicomprensività delle commissioni, introdotto dal D.M. 644/2012, in base al quale non possono essere introdotte nuove commissioni in qualunque modo denominate, oltre a quelle previste dalla relativa disciplina normativa, è altresì applicabile alla commissione di messa a disposizione di fondi, sebbene ad essa si applichi il previgente art. 2-bis, comma 1, del D.L. 185/2008. Infatti, si è ritenuto che l’invocato principio di onnicomprensività fosse già stato fatto proprio dal legislatore a partire dal D.L. 185/2008, convertito nella L. 2/2009, e che pertanto già la previgente normativa vietasse l’applicazione di commissioni ulteriori a quelle già disciplinate (ABF Bologna n. 1122/2020).
5) Nullità della indennità di sconfinamento in concomitanza alla commissione di disponibilità di fondi in violazione dell’ art. 2 bis d.l. 185/2008 conv. in l. 2/2009
I collegi ABF si sono più volte espressi in merito all’illegittimità dell’applicazione di un’indennità di sconfinamento in concomitanza all’applicazione di una commissione disponibilità fondi, nel periodo di vigenza dell’art. 2-bis del d.l. n. 185/2008, conv. in l. n. 2/2009. La commissione per la messa a disposizione di somme su un conto affidato, comunque denominata, è difatti impeditiva della contemporanea introduzione di una commissione volta alla remunerazione dello sconfino, in ragione della natura “omnicomprensiva” della CMF ex art. 2 bis d.l. 185/2008 conv. in l. 2/2009 (il che esclude la possibilità che nello stesso contratto convivano entrambe le tipologie di commissione). Tale orientamento è coerente, del resto, all’interpretazione a suo tempo resa dalla Banca d’Italia con nota n. 431151 del 4.12.2009, ove parimenti si chiarisce che il contratto di apertura di credito non può prevedere “l’applicazione cumulativa della commissione per la messa a disposizione fondi e della CMS perché, ai sensi di legge, la prima delle due commissioni deve essere omnicomprensiva” (ABF Palermo n. 245/2020; ABF Palermo n. 21440/19; cfr. in tal senso anche ABF Bologna n. 22061/18; ABF Milano n. 9682/17; ABF Napoli n. 3724/15).
6) Illegittimità della capitalizzazione trimestrale applicata non solo agli interessi ma anche alle commissioni in violazione dell’art. 1283 c.c.
La giurisprudenza di legittimità e quella dell’Arbitro Bancario Finanziario hanno da tempo rilevato l’illegittimità della capitalizzazione applicata dalle banche agli oneri diversi dagli interessi. In particolare, non risulta estensibile la disciplina dell’anatocismo ex artt. 1283 c.c. e 120 TUB alla commissione di massimo scoperto (v. Cass. Civ. n. 5609/2017; ABF Palermo n. 245/2020; ABF Palermo 21440/19), conseguendone il diritto del cliente di ottenere la restituzione delle somme addebitate a titolo di capitalizzazione trimestrale degli altri oneri previsti dal contratto.
D) Le possibili strade per ottenere il rimborso
Il cliente che intenda verificare la presenza di addebiti e richiedere indietro eventuali commissioni illegittime addebitate dalla propria banca sul suo conto corrente dovrà, in primo luogo, formalizzare le proprie pretese restitutorie, nello specifico mediante una formale comunicazione di reclamo da indirizzarsi all’intermediario.
Dopodiché, in seguito ad eventuale riscontro negativo, o alla mancata risposta della banca nel termine massimo di 30 giorni dal ricevimento del reclamo in questione, il cliente potrà far valere le proprie ragioni in via contenziosa con una delle due seguenti modalità:
1) il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario che presenta il vantaggio di avere tempi contenuti e costi irrisori, anche se le sue decisioni non sono vincolanti ed esso non consente di citare testimoni, o richiedere consulenze tecniche d’ufficio;
2) in alternativa, il cliente potrà instaurare un giudizio civile che ha tempi più lunghi e costi più elevati ma le sue pronunce sono vincolanti e l’istruttoria risulterà più approfondita di quella dinanzi all’Arbitro Bancario Finanziario.
Si riporta di seguito uno schema riepilogativo dei principali motivi di illegittimità delle commissioni bancarie su fidi, extrafidi ed ultrafidi:
I CASI PIÙ FREQUENTI DI ILLEGITTIMITÀ DELL’ADDEBITO DI COMMISSIONI BANCARIE SU FIDI, EXTRAFIDI ED ULTRAFIDI
1) Commissioni addebitate senza pattuizione scritta
Per quanto interessa in particolare la commissione di massimo scoperto, per essere legittima deve essere specificato in modo chiaro il tasso, la base di calcolo, il criterio e la periodicità dell’addebito, poiché altrimenti la mancanza di tali requisiti determina l’inesistenza dell’accordo tra il cliente e la banca e gli addebiti annotati in conto a tale titolo dovranno reputarsi illegittimi (Trib. Milano, Sez. VI, 03.10.2018, n. 9694, Trib. Firenze, Sez. III, 26.11.2018, n. 3202, Trib. Bari, Sez. IV, 07.01.2019, n. 41).
2) Nullità delle commissioni addebitate tramite variazioni peggiorative inoltrate al cliente
In caso di variazioni peggiorative nell’ambito di un contratto bancario, è obbligo della banca a norma dell’art. 118, comma 2, T.U.B.- inoltrare una comunicazione al proprio cliente, concedendogli un termine per recedere dal contratto. E’ onere della banca dimostrarne la corretta trasmissione al cliente nonché il corretto ricevimento della stessa (ABF Torino n. 894/2020; ABF Coll. Coord. 535/2015).
3) Nullità della commissione di istruttoria veloce in assenza di prova dell’attività istruttoria svolta dall’intermediario
L’art. 117 bis, comma 2 del TUB e l’art. 4, comma 2 del decreto CICR n. 644 del 2012 prevedono che la commissione di istruttoria veloce (c.d. CIV) può essere legittimamente applicata solo a fronte dello svolgimento da parte dell’intermediario di un’effettiva attività istruttoria, che quest’ultimo deve provare di avere svolto (ABF Bologna n. 1122/2020; ABF Bologna n. 1147/2020; ABF Bologna n. 14428/19).
4) Nullità delle commissioni “duplicato” della C.M.S. e della successiva commissione di affidamento
Il principio di onnicomprensività delle commissioni, introdotto dal D.M. 644/2012, in base al quale non possono essere introdotte nuove commissioni in qualunque modo denominate, oltre a quelle previste dalla relativa disciplina normativa, è altresì applicabile alla commissione di messa a disposizione di fondi, sebbene ad essa si applichi il previgente art. 2-bis, comma 1, del D.L. 185/2008 (ABF Bologna n. 1122/2020).
5) Nullità della indennità di sconfinamento in concomitanza alla commissione di disponibilità di fondi in violazione dell’ art. 2 bis d.l. 185/2008 conv. in l. 2/2009
E’ illegittima l’applicazione di indennità di sconfinamento in concomitanza ad una commissione disponibilità fondi, nel periodo di vigenza dell’art. 2-bis del d.l. n. 185/2008, conv. in l. n. 2/2009 (ABF Palermo n. 245/2020; ABF Palermo n. 21440/19).
6) Illegittimità della capitalizzazione trimestrale applicata non solo agli interessi ma anche alle commissioni in violazione dell’art. 1283 c.c.
La giurisprudenza di legittimità e quella dell’Arbitro Bancario Finanziario hanno da tempo rilevato l’illegittimità della capitalizzazione applicata dalle banche agli oneri diversi dagli interessi. Non è estensibile la disciplina dell’anatocismo ex artt. 1283 c.c. e 120 TUB alla CMS (v. Cass. Civ. n. 5609/2017).