Per la Cassazione civile (ordinanza n. 18153/2020) la banca deve evidenziare i rischi poiché l’esperienza è un fattore non contemplato da alcuna disposizione normativa
La Suprema Corte conferma che anche l’investitore esperto deve essere adeguatamente informato sui rischi delle operazioni finanziarie poiché l’esperienza è un fattore non contemplato da alcuna disposizione normativa
Questo è quanto prevede la Cassazione, sez. I civile, nell’ordinanza 23 luglio – 31 agosto 2020, n. 18153 (testo in calce).
Come è noto il D.Lgs. n. 58/1998 (Testo Unico della Finanza), all’art. 23, comma 6, prevede un’inversione dell’onere della prova in favore del cliente, gravando sull’intermediario finanziario l’onere di dimostrare di aver correttamente informato gli investitori sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio.
Nel caso che ci interessa, la Suprema Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere se il fattore di elevata esperienza dell’investitore, nonché la sua storica propensione ad effettuare investimenti ad alto rischio, sia o meno un elemento idoneo a far decadere la suddetta presunzione probatoria.
Ribaltando in toto l’impugnata sentenza di merito, con l’ordinanza 31 agosto 2020, n. 18513, la Corte di Cassazione ha dato risposta al suddetto quesito ed al riguardo ha enucleato il seguente principio di diritto: “In tema di intermediazione finanziaria, l’intermediario non è esonerato, in presenza di un investitore pur ad uso ad operazioni finanziarie a rischio elevato che risultino dalla sua condotta pregressa, dall’assolvimento degli obblighi informativi, prescritti in generale e senza eccezioni dal d.lgs. n. 58 del 1998, art. 21 con le relative prescrizioni di cui al regolamento Consob n. 11522 del 1998, e successive modificazioni, permanendo in ogni caso l’obbligo primario dell’intermediario di offrire la piena informazione circa la natura, il rendimento ed ogni altra caratteristica del titolo”.
Le conclusioni della Suprema Corte trovano conforto nella circostanza per cui i doveri informativi in materia di investimenti finanziari -in particolare riferiti alla natura, ai rendimenti e ad ogni altra caratteristica del titolo- costituiscono un obbligo primario e di carattere imprescindibile che grava unicamente sui soggetti intermediari.
Dunque non è ipotizzabile presumere -quantomeno in mancanza di un’espressa disposizione normativa in tal senso- che l’investitore esperto sia tenuto a cogliere tutte le implicazioni di un dato investimento, soltanto in virtù della sua esperienza pregressa nella compravendita di azioni o di altri titoli ad alto rischio.
L’ordinanza in questione, del resto, dà continuità a quello che già era l’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità, in riferimento a tutte le circostanze dell’investimento estranee agli obblighi informativi, le quali non assumono rilevanza laddove l’intermediario non abbia adeguatamente informato l’investitore. Si è stabilito, ad esempio, che la scarsa adeguatezza dell’investimento non è rilevante se l’intermediario non prova di aver assolto agli obblighi informativi (v. Cass. Civ. 18 giugno 2018, n. 15936).
La Suprema Corte, in ultimo, puntualizza che la citata presunzione a carico degli intermediari attiene all’esistenza del nesso di causalità tra l’inadempimento ed il danno ma non all’esistenza del danno stesso, il quale, invece, non può essere riconosciuto in re ipsa.
CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA N. 18153/2020 >> SCARICA IL TESTO PDF